domenica 3 marzo 2013





IL FONTE PLINIANO  Manduria (Ta)
 
Maria Luisa Barbuti
 
 
 
 
     
Questo antichissimo sito prende il nome da Plinio, storico e naturalista latino che nella sua “Naturalis  Historia” lo descrive come “miracoloso” per le acque che sgorgano dalla sorgente. L’aggettivo può riferirsi sia alle proprietà terapeutiche dell’acqua sorgiva che filtra tutt’ora dalla falda acquifera, sia al fatto che il livello dell’acqua rimanga costante, indipendentemente dalla quantità che confluisce al centro della grotta. Possono essere valide entrambe le ipotesi, in quanto coesistono. Il Fonte era dunque conosciuto nel mondo antico e certamente frequentato dai Messapi. Questo per ciò che concerne la sua funzione sociale più immediata riguardante l’utilizzo di un bene prezioso e vitale come l’acqua, sorgente di vita.  Osserviamo però con maggiore attenzione la struttura del sito e cerchiamo di cogliere le suggestioni che provoca al visitatore.
Siamo in una grotta sotterranea, la cui calotta semisferica presenta un diametro di circa 18 metri e un’altezza di circa 9 metri, cioè con struttura modulare di 3 metri. Nonostante la successione degli interventi, un po’ complicata da definire in questa sede, possiamo risalire ad una grotta naturale, con successive modifiche da parte dell’uomo. Il concepimento di questo sito, molto più antico, ma riutilizzato per la stessa funzione dai Messapi, sembra essere a carattere rituale-religioso.
Si accede attraverso una scalinata tagliata nella roccia, attualmente sovrapposta da un’altra più stabile, in termini di sicurezza. Questo intervento purtroppo toglie già qualcosa al potere suggestivo e comunicativo del Fonte. Chi ricorda la ”discesa” impervia e incerta sugli scalini naturalmente irregolari e originali ha un tesoro da conservare: la lenta discesa che guida, inghiottisce e introduce al cuore del Tempio Sacro che accoglie come un grembo materno la vita che rinasce. Dalla luce dell’esterno si passa alla tenebrosità dell’interno il cui centro è inondato dalla luce proveniente dall’apertura tronco-piramidale posta in alto. Questo passaggio luce- tenebre, tenebre-luce sembra non essere molto diverso  da quello riscontrato nella simbologia della fede cristiana, d’altro canto espressa nelle varie epoche storiche in versione letteraria e visiva. Si pensi all’Inferno e Paradiso danteschi, agli affreschi di carattere religioso e alle Pale d’altare inondate dal sole nascente delle chiese romaniche. Cosa dire degli affreschi della chiesa controriformata dove l’illusione prospettica proietta i fedeli nella luce e nel cielo come in un film in 3D?  Siamo nella simbologia, nell’allegoria, nella suggestione, nei luoghi cioè dove la comunicazione visiva raggiunge direttamente il profondo dell’ essere umano, scavalcando culture e tempi, superando l’individuale e facendo perno sull’inconscio collettivo di Junghiana memoria.  A sostenere l’ipotesi del Fonte Pliniano come antichissimo luogo di rituali è proprio, a mio avviso, la struttura stessa con le sue caratteristiche. Dopo la discesa, la calotta semisferica ingabbia gli astanti in uno spazio geometrico ben definito e chiuso da una proporzione geometrica che non concede distrazioni. Lo sguardo ha solo una direzione: la luce del cielo. L’acqua è l’altro elemento presente nella grotta. Acqua e luce, elementi vitali e spirituali. Che il Tempio sia stato luogo di riti per la fecondità dove potevano compiersi anche atti sacrificali? D'altra parte, una nuova nascita doveva costituire un evento formidabile, misterioso e agognato, calcolando la lontana epoca. Fin dalla Preistoria vengono prodotte statuette della "Dea Madre" o della "Fecondità" e non è escluso che i "Riti Disioniaci" e la "Taranta" siano propiziatori in tal senso.
Le Divinità cambiano nel tempo e nello spazio, ma non è mai cambiato il bisogno umano di vivere emotivamente la tensione vita-morte-rinascita,di appellarsi ad una entità superiore riconducibile  alla “luce”  e all’aldilà.